mercoledì 7 novembre 2012

Deep Fields



Un sogno che feci molto tempo fa: un tronco d'albero portava, attraverso un tortuoso scivolo di pietra, in una città sotterranea. 
Un sogno che feci poco tempo fa: ero appena riuscito a uscire da una selva oscura à la Dante, e mi guardavo indietro, verso il pericolo appena scampato. Davanti a me si stendeva una prateria d'oro, sbarrata però da insormontabili montagne. Proprio alle pendici delle rocce c'era un tempio, una costruzione circolare in stile greco. 
Queste otto tavole sono il tentativo di unire quei due sogni in un sogno unico.
Purtroppo per motivi tecnici ho dovuto tagliare qua e là, mentre invece sarebbero servite una o due tavole in più per illustrare per bene un racconto senza parole come questo. 
Il protagonista è la versione inconscia di me stesso, rappresentato attraverso linee dinamiche e confuse, che in qualche modo tendono verso l'obiettivo, lo guidano verso la meta.


La struttura è simmetrica. Si parte nella radura dorata, in una vignetta che confluisce nella seconda. L'essere fatto di linee si volta indietro. Lontano, alle pendici delle montagne, si stagliano delle rovine che ancora non riusciamo a distinguere.





Avvicinandosi scopriamo che sono i resti di un antico tempio (greco o romano). E' costruito su base circolare, con grandi colonne che circondano un pavimento semidistrutto. Al centro si erge, solitario e decaduto, un ceppo di tronco, ciò che una volta deve essere stato un albero maestoso. Avvicinandosi ancora scopriamo che il tronco è cavo. Ne è attratto, lo tocca. Si arrampica verso la cima. Un attimo prima di buttarsi dentro si volta indietro. Ma le linee lo attirano.






Alla fine del tronco-tunnel l'essere cade in questa enorme valle. La città che sorge all'interno si arrampica sulla roccia. E' divisa in due: il lato destro è antico, quasi fantasy, il lato sinistro è moderno, con uno stile architettonico che richiama il periodo sovietico.
Al centro della città, l'ombelico della valle è una piscina, una vasca circondata da archi, statue, templi. Molte sono in rovina. Nessuno sembra abitare questo luogo






 L'essere ci precipita dentro.



                 

Sprofonda nell'acqua, verso gli abissi più oscuri. 




Presto l'acqua si trasforma in qualcos'altro,come se fosse a meno concentrazione salina. Insomma, è più limpida dell'acqua stessa, sembra aria. Respira normalmente all'interno. Le immagini da qui in poi si susseguono velocemente, e non hanno alcun filo logico, è come una sorta di allucinazione continua, di persone e momenti passati, presenti e futuri che si susseguono e si sovrappongono. La gravità del sogno lo attira sempre più giù, e percorre questo corridoio sinuoso di apparizioni misteriose. Vede volti familiari che si trasformano in enormi animali tentacolari, figure mostruose e gigantesche che lo osservano e lo chiamano con la lingua dei sogni, cioè con suoni incomprensibili e gutturali. L'ambiente circostante non è blu scuro, ma un caleidoscopio di colori, e cambia anche forma e materia.




                                     
Passa attraverso Pripyat, la città fantasma di Chernobyl, con la sua famosa ruota panoramica che fa da vortice. Viene attratto verso il sole che tramonta sull'orizzonte della città innevata. Una figura minacciosa e immensa lo sovrasta.





Torna a farsi sentire l'acqua, e con essa la pressione. Si lascia sprofondare. E' al centro della terra. Il mondo si capovolge. La caduta adesso dovrebbe essere una risalita in realtà. Infatti presto scorge un fascio di luce in lontananza: è la superficie del lago. Adesso la prospettiva è capovolta rispetto a prima. Quindi viene sparato fuori dall'acqua a grande velocità. Sta ancora cadendo ma la città e la grotta intera adesso sono capovolte. Raggiunge la fessura sulla sommità delle pareti rocciose che sovrastano la grotta e che dovrebbe portare al vecchio tronco d'albero. La luce gli brucia gli occhi.





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